5.27.2012

Louve di Serge Lutens

Salve! Altra recensione di naso (ormai sono diventate una costante).
Il profumo che vi recensisco quest'oggi è Louve di Serge Lutens.

Serge Lutens. L'uomo che mi ha fatto amare i profumi di nicchia. Un genio.
Fotografo, stilista, make up artist, profumiere e se ne avete da suggerire, suggerite.

Oggi vi presento Louve, una fragranza di Lutens appartenente alla linea dall'etichetta nera, l'Haute Concentration, che è più costosa ed esclusiva, in quanto esistono poche fragranze di essa ed ha una concentrazione più alta.
Quello che mi ha colpito di questo profumo, è la campagna pubblicitaria. Volte ad esprimere il concetto del profumo, le campagne di Lutens sono sempre suggestive, come i profumi che rappresentano. Qui abbiamo la solita boccetta, il cui sfondo è un paesaggio montano innevato, forse all'alba, e sulla neve delle impronte feline.

Sarà che alla lupa l'Italia (soprattutto Roma) deve la sua nascita, noi siamo profondamente legati a questa figura, che da sempre per noi ha simboleggiato l'essere madre, il tepore materno, la nostra mamma. La lupa è da sempre il simbolo dell'affetto, dell'amore genitoriale. Ed è forse per questo che questo profumo mi fa tanta tenerezza, mi scioglie il cuore.
E' a parer mio un profumo unisex, che si sviluppa su delle note golose ma, come dire, affettuose di mandorla, che lo rendono superlativo. E' un gourmand, è dolce ma non stucchevole grazie proprio alla mandorla, che lo rende un po' amaro. E' proprio con la mandorla che si apre questo profumo, che poi si evolve in un cuore fiorito di muschio, rosa e gelsomino. Il fondo, invece, chiude in bellezza il profumo con note di ambra, vaniglia e resina.
 
Sapete qual è la cosa più sorprendente? Che questo profumo è molto animale, primitivo, a me ricorda molto anche l'odore dolce dei bambini. Ma forse era questo che Lutens voleva ritrarre, la lupa con i cuccioli.

Per Voce Sola di Susanna Tamaro

Salve! Oggi vi recensisco un libro.
Per ora, dopo l'odissea dell'Uccello Che Girava Le Viti Del Mondo di Murakami, mi sto concedendo a libri brevi, e Per Voce Sola di Susanna Tamaro è uno di questi.

Quando ero a Lampedusa, leggere era difficile. Non c'era una libreria, ma un'edicola che vendeva pochissimi titoli. Quindi immaginatemi il mio fervore nel vedere quella parete desolante di libri, mi veniva una tristezza che non ve lo immaginate. Per fortuna mia madre (cara madre) si era portata qualche titolo da casa, quindi eravamo riusciti a raccattare qualche libro da leggere/rileggere. Avevamo racimolato ben due libri della Tamaro: Per Voce Sola e Anima Mundi.
Anima Mundi mi ricordo di averlo letto, mi ricordo la storia ma non ricordo di averlo finito (ero piccolino, avevo sì e no 13 anni. Non che ora abbia una veneranda età, ne ho 16).
Visti i temi che trattava e la mia età, mi era risultato pesantuccio, però volevo leggere ancora, approfondire, e ho letto Per Voce Sola, lasciandolo ad una ventina di pagine dall'inizio. Pochi giorni fa l'ho ripreso in mano, conscio di quello che avrei letto.

Per Voce Sola è una raccolta di cinque storie brevi, tutte riguardanti la solitudine. Molti hanno detto che tratti della violenza sui bambini, ed anche questo è uno dei temi portanti. Ma in realtà, leggendolo, a me a suscitato un fortissimo sentimento di solitudine ed inadeguatezza, come se tutti i bambini/adolescenti raccontati incolpassero sè stessi delle violenze che subiscono. Ed è molto triste questo, me ne rendo conto, ma è importante, perché è l'esatto sentimento che si prova quando si viene violentati fisicamente/psicologicamente/sessualment​e, il sembrare in torto, il sembrare di meritarsi tutto ciò.
Bambini, ragazzi, che non hanno nessuno al mondo oltre sè stessi, e che devono cercare di tirare avanti con le loro forze, sopravvivere a quello a cui vengono sottoposti.
Le cinque storie su cui si articola questa raccolta hanno questi titoli:
Di nuovo lunedì,
Love,
Un'infanzia,
Sotto la neve,
Per voce sola.
Li ho trovati dei racconti davvero belli, davvero ben scritti, tranne l'ultimo. Nell'ultimo, a parer mio, non emerge nessuna situazione di violenza, ma solo tanta solitudine.
Troviamo il racconto di una madre poco attenta alle violenze che il marito infligge alla piccolina in Di nuovo lunedì, troviamo una bambina zingara dal labbro leporino che subisce molti stupri in Love, le memorie di un carcerato in Un'infanzia, un racconto epistolare su una ragazza incinta in Sotto la neve, il racconto di un'influenza umorale che un padre trasmette a sua figlia, raccontata dalla madre.
Troviamo un tema complicato, difficile, raccontato in un modo crudo e senza mezzi termini, molto forte (soprattutto in Love) che potrebbe far diventare questo libro un libro "di stomaco", uno di quei libri che lasciano ammutoliti e che non suscitano in noi nessun sentimento se non lo stupore. E' un libro enorme nelle sue 201 pagine, un libro che parla di un tema enorme, un libro che richiede una sopportazione enorme (perché a sentire di bambini sodomizzati, un po', storciamo il naso) ed è per questo che va letto, perché è un libro importante.

L'Uccello Che Girava Le Viti Del Mondo di Haruki Murakami

Salve!
Il libro di cui parlo oggi è L'Uccello Che Girava Le Viti Del Mondo di Haruki Murakami.
Murakami è uno dei nomi più famosi della letteratura contemporanea orientale, ed è proprio per questo che è famoso, per il suo stile inconfondibile, per la sua scrittura sempre particolare ed inconsueta.
Ho iniziato ad amare questo autore dal primo romanzo che ho letto, Dance Dance Dance, e da allora non l'ho più lasciato. Fino ad ora, il miglior libro che ho letto rimane Kafka Sulla Spiaggia, quindi lo userò come metro di valutazione.

Allora, partiamo dalla trama (come se a descrivere un libro di Murakami, ci si possa limitare alla trama).
Okada Toru ha appena lasciato il lavoro e fa il casalingo in casa. Ha una moglie, Kumiko, e sono molto innamorati, ma da quando è scappato il gatto di casa, Kumiko non è più la stessa. Toru dovrà, incontrando una baraonda di personaggi dai nomi, dalle caratteristiche e dalle storie particolarissime, trovare non solo il gatto, ma anche Kumiko.

Come ogni libro di Murakami, il confine tra realtà, fantasia, storia, sogno ed immaginazione è labile come le pareti di una bolla di sapone. Molto spesso ci si perde, cercando di capire in che dimensione stia viaggiando/vivendo il protagonista, ma questo è sempre stato un dettaglio che ho trascurato. Nei libri di Murakami il dove e quando sono irrilevanti, e ci si deve preparare ad un vero e proprio caos letterario che però risulta ipnotico, magico, misterioso.

Purtroppo, però ci sono alcuni dettagli che vanno a sfavore del romanzo (irrilevanti, per carità, ma utili alla stesura di un'opinione corretta).
Il primo è la crudità di certe scene, e questo lo si può notare anche in Kafka Sulla Spiaggia. Certe scene particolarmente sanguigne sono troppo volutamente accentuate, troppo descritte, però sono atte a sottolineare il disgusto che prova il protagonista nel vederle. A me non hanno dato per niente fastidio, ho un senso del macabro che fa sì che queste cose non mi pesino troppo, però a molta gente potrebbero disgustare, potrebbero essere considerate insane, troppo spasmodiche, troppo particolareggiate e cruente (ed oggettivamente è vero).
Il secondo punto (puramente personale) è la pesantezza di questo libro. Questo libro pretende da te una lettura molto attenta, non una lettura superficiale, perché potresti, tra dimensioni/tempi/storie differenti, perdere il filo molto facilmente. E poi è stato un parto. E' un libro lunghissimo, però è stato davvero bello leggerlo.

Consiglio Murakami. Fa dei libri stupendi, dalle atmosfere nebulose e surreali, dove mai tutto è chiaro, ma è sempre avvolto dal mistero, dove l'onirico sembra fondersi con la quotidianità, dove l'ovvio non è mai ovvio e lo strano non è mai strano.

Andy Warhol Montauk di Bond No.9

Hello, guys and dolls! Come va? 
Oggi vi ossessiono di nuovo con un profumo: Andy Warhol Montauk di Bond No.9.

Bond No. 9 non è una casa di profumi che amo. A parte il fatto di essere molto costosa, trovo che faccia dei profumi abbastanza anonimi. E' anche vero che la conosco poco, ma per quel poco che la conosco, posso dire di non essermi troppo meravigliato per uno dei suoi profumi (a parte per Madison Square Park).


Andy Warhol Montauk non fa che ribadire la mia posizone.
Allora, intanto è stato creato nel 2010 da Laurent Le Guernec, già creatore di profumi come Michael per Michael Kors, High Line, New York Fling, Central Park West e Astor Place sempre per Bond No.9.


Cosa ha di tanto speciale Andy Warhol Montauk? A mio parere niente.
E' un normalissimo fresco dalle note erbose/legnose come altri mille.
Alle note di testa troviamo bergamotto, alloro e mirtillo.
Alle note di cuore troviamo giacinto, caprifoglio e giglio della valle.
Alla fine troviamo note legnose, quercia, acero ed ambra.


L'ho trovato un profumo abbastanza insignificante. Buono è buono, per carità, è quel classico fresco legnoso che va bene a tutti ma proprio perché è il classico fresco legnoso che non mi piace.

5.16.2012

Romantina di Juliette Has A Gun

Altra recensione olfattiva (lo so, sto diventando monotono, ma prometto che prossimamente posto una recensione letteraria).
Oggi (come avessi fatto altro) vi recensisco Romantina di Juliette Has A Gun.
Con questo brand ho un rapporto di odi et amo. Non sempre fa delle belle fragranze, ma di (mi pare) nove che ha tirato su, almeno quattro mi piacciono (e tre sono nella mia wishlist), quindi diciamo che mi piace.
Mi piace il concetto accattivante di questa Giulietta cattiva, che spara a Romeo, che conquista (riacquista) la sua femminilità e la sbatte in faccia a tutti prepotentemente. 
Però alcuni elaborati di Juliette Has A Gun sono meglio di altri, e Romantina è "gli altri".
E' il più recente della casa e dovrebbe essere dedicato al pubblico femminile di età compresa tra i 15 ai 25 anni.
Si presenta come un fiorito muschiato caratterizzato da note di vetiver e fiori bianchi. Grazie alla presenza erbacea e maschile del vetiver, supponevo che questa fragranza fosse adatta anche ai giovini uomini che vogliono fare i fighi a sentirsi anticonformisti (io non sono come quella plebaglia che usa Acqua Di Giò) che comprendeva anche me, e posso dire di essermi sbagliato ma non completamente.


Allora, partiamo con ordine ed elenchiamo la piramide, che inizia con delle note di testa di gelsomino, fiori d'arancio e giglio della valle. Poi, dai fiori bianchi, ci spostiamo verso l'osmanthus, l'iris e la rosa, e concludiamo con un fondo molto "uomo" di vetiver, patchouli, muschio e vaniglia.
Personalmente non riesco ad intercettare la presenza dei fiori bianchi nella testa. Su Fragrantica dicono che tra le note preponderanti ci sia il gelsomino, ma io non lo sento (ed è difficile che io non lo senta, perché io amo il gelsomino e riesco a sentirlo, in una fragranza, anche se è nel fondo). Tutt'al più riesco a sentire una leggera rosa ed un più prepotente iris, ed un fondo abbastanza persistente di muschio e vetiver.
La fragranza non ha un sesso definito, secondo me. Potrebbe essere indossata da tutti. 


Quale è, però, il problema di questo profumo? Che è uno di quei profumi che io definisco "polverosi", e che di solito hanno l'iris all'interno. E' un profumo, non so come spiegarlo, secco? Mi sono fatto capire? Non è particolarmente avvolgente o vellutato, è più tagliente, più, appunto, polveroso Ed il polveroso è proprio dato dall'iris, che è una nota che non amo particolarmente.
Il voler unire i fiori bianchi con il vetiver non sarebbe neanche una brutta idea, ma la formulazione, la preponderanza di certe note rispetto ad altre, non mi fa amare affato questo profumo.


Il costo è di 69 euro per 50ml, quindi non è neanche troppo caro. La persistenza, però, come tutti i Juliette Has A Gun, è ottima.

Premier Figuier di L'Artisan Parfumeur

Massaaaaaalve!
Per ora è il grande periodo delle grandi recensioni dei grandi profumi (quanto sono megalomane con questa frase...).
Il profumo in questione è Premier Figuier dell'Artisan Parfumeur.
L'Artisan Parfumeur l'ho già descritta in più occasioni. Però posso accennarvi al fatto che sia una casa di profumi francese (se vi capita di andare in Francia, nelle città più importanti, trovate il monomarca. Io l'ho trovato a Lille e Parigi, se vi interessa) che ha riportato in auge la profumeria francese.
Il profumo più rinomato di questo brand è proprio lui, Premier Figuier.
Definito dai cultori della profumeria di nicchia come il migliore profumo al fico (e badate che ce ne sono tanti, come Fico di Amalfi di Acqua di Parma, Philosykos di Diptyque, Coco Figue di Comptoir Sud Pacifique, Thierry Mugler lo ha reso inedito e sorprendente con Womanity, a cui ha aggiunto delle insolite note di caviale).
Insomma, il fico non è nuovo nella profumeria, però Premier Figuier è proprio il Premier, la fragranza numero uno al fico.

La particolarità di questa fragranza è che sa di fico, di fico appena aperto, di legno di fico, di foglie di fico, sa proprio di fico (si è mica capito che sa di fico?).
Nelle note di testa prevale la foglia di fico e ferula assa-foetida (che a detta di Wikipedia sarebbe lo sterco del Diavolo, che puzza, ma questo profumo non puzza!).
Nelle note di cuore, invece, ci sono il fico (frutto), sandalo e mandorla.
Nelle note di fondo, poi, troviamo un fruttato al lime, cocco e frutti secchi.

E' un profumo adattissimo alla stagione estiva ed è un ottimo compromesso per chi non ama vestirsi di agrumi. E' un profumo fresco, erboso, succoso, goloso.
Inizia con una sferzata molto erbosa, per poi cambiare e trasformarsi in un qualcosa di più fruttato, dove si sentono chiaramente il fico (frutto) e il cocco.
E' un profumo che mi è piaciuto davvero molto. Per ora l'ho in campioncino, ma se mi capita, lo compro di corsa!

Purtroppo il problema, nella profumeria di nicchia, è sempre quello: il costo. Il costo è molto alto (si parla dei 75 euro per 50ml). Per durata non trovo sia eccelso, ma in confronto ad altri profumi dell'Artisan Parfumeur, come Voleur De Roses e Poivre Piquant, che hanno una durata davvero bassa, questo si comporta bene. Se volete, però, c'è anche la versione Extreme (la novantina per il 50ml) che non ho provato, però dovrebbe durare molto di più.

Davvero consigliatissimo.

Nuit De Tubereuse di L'Artisan Parfumeur

Ma salve, donzelli e donzelle!
Oggi vi voglio fare la recensione del profumo Nuit De Tubereuse di L'Artisan Parfumeur.
L'Artisan Parfumeur fa profumi ottimi, ed è il brand di profumi francesi d'eccellenza.
E' forse uno dei brand più famosi di profumeria di nicchia, che esiste da tanto tempo e ha fatto profumi sempre particolari ma comunque di chiara ispirazione    classica.

Quando sento questo profumo, nella mia mente compare una donna sulla ventina d'anni, sotto un cielo stellato e circondata dai monumenti di qualche magnifica città italiana, vestita di una gonna a ruota ed una camicia inamidata a maniche corte, che si tiene per mano con un uomo alto e vestito di tutto punto. Quello che mi immagino è una scena romantica di quelle vecchio stile, che ormai possiamo vedere in un film.
Questo è un profumo romantico, un profumo bello.

E' un profumo recente (datato 2010) ed è stato creato da Bertrand Duchaufour. Il suddetto profumo contiene note di tuberosa, pepe nero, sandalo, fiori d'arancio, mango, cardamomo, angelica, pepe rosa, vaniglia, ylang-ylang, rosa, legno di rosa, muschio, limone, benzoino, chiodi di garofano e styrax.
Ma le note preponderanti sono quelle di una femminilissima ed elegantissima tuberosa e di un pepe tagliente, eppure gentile. Questo profumo è un ossimoro, è contraddittorio, eppure ci stupisce per questo, perché non sa di una classica tuberosa, troppo panterona e sensuale, ma di una più fresca e frizzante tuberosa, adatta anche al pubblico femminile più giovane. Ma il bello di questo profumo è il suo fondo erboso/cipriato, che rende il profumo più verde. E' un profumo fresco, adatto alla primavera come all'estate, ma personalmente lo trovo troppo femminile per indossarlo.
Quindi donne, annusatelo e fatevi stupire.
Quindi uomini, regalatelo e stupite.

Il prezzo, purtroppo, è abbastanza alto (il 50 ml dovrebbe costare sulle 90 euro) ma è un profumo che vale, è un EDP ed ha una persistenza tutt'altro che bassa.

Poivre Piquant di L'Artisan Parfumeur

Salve!
Il profumo che vi recensisco oggi è Poivre Piquant di L'Artisan Parfumeur.

Questo brand è ad oggi uno dei più famosi tra i cultori della profumeria di nicchia, pensate che è stato definito il brand che ha riportato in auge la profumeria francese.
Infatti questo brand è stato il creatore di tanti capolavori come Mure Et Musc, il primo profumo, del 1978, che sapeva di more e muschio (niente a che vedere con quella ciofeca da quattro soldi dell'Acquolina, qui si parla di un altro universo) o il più famoso e fedele profumo al fico sulla faccia della terra, Premier Figuier.
Dietro molti capolavori dell'Artisan Parfumeur (e dietro a Poivre Piquant) si cela il naso di un grande della profumeria: Bertrand Duchaufour, che ha anche creato molti profumi per Comme Des Garçons, tra cui Incense Avignon, e Sartorial per Penhaligon's.
Questo profumo è stato creato nel 2002 ed è definito come orientale speziato.
A me ha ricordato moltissimo Jeux De Peau di Serge Lutens: lo stesso retrodore dolce ed un po' legnoso.
Questo profumo ha al suo interno note di pepe, miele, latte e liquirizia, e ci sorprende per questo. Troviamo una ventata prepotente e speziata di pepe, che si addolcisce e si stempera con una passata generosa di miele. Se poi ci versiamo il latte e ci mettiamo anche un tocco di liquirizia, il risultato è uno speziato dolce, quasi materno, caldo, caloroso, che ci regala un senso di familiarità e tepore quando lo annusiamo. Questo è Poivre Piquanto, completamente senza sesso, ma molto sofisticato ed elegante, adatto a tutte le stagioni e a tutte le occasioni. Un profumo versatile, adatto a tutti e a tutte le età.
Forse un problema di Poivre Piquant, ed è un problema che ho riscontrato in molti Artisan Parfumeur, è la durata, che non è molta. Come performance in fatto di tenuta, ci dobbiamo arrendere al fatto che questo profumo va riapplicato almeno ogni due ore, perché rischia di non sentirsi più. Ed è un grosso problema, visto che questo profumo, come tutti i profumi di nicchia, non è affatto economico (il 50ml costa sulle 75 euro).
Però dategli un'annusata lo stesso, se vi capita.

Gris Clair... di Serge Lutens

Ma buonassaaaaaara! (O buongiuoooooorno!).
Come va? Questo pre-estate si sta facendo sentire? Non siete gli unici, credetemi.

Il titolo di questa recensione è un po' strano, e c'entra poco con il profumo, tranne per la parola "lavender" (è una frase della canzone "So Happy I Could Die" di Lady Gaga).
La fragranza che vi presento è Gris Clair di Serge Lutens.

Lutens ve l'ho già presentato. Le sue fragranze sono il massimo dell'eleganza, che però è un'eleganza non comune, un'eleganza fatta di ingredienti particolari. Le sue essenze sono sempre particolari, sempre incisive. Alcune volte vi danno un pugno sul naso, facendovi starnutire per una buona mezz'ora, altre invece vi circondano di una nuvola di profumo ottima.
Gris Clair è tra il secondo tipo.
La campagna pubblicitaria di Gris Clair (ovviamente ideata da Lutens) ritrae la boccetta del profumo davanti ad uno sfondo roccioso. Le campagne pubblicitarie dei profumi di Lutens hanno sempre ben espresso il concetto e le suggestioni che queste fragranze ci possono regalare.
Questa essenza si compone di note di lavanda, iris, legni, ambra e fava tonka.
Questo profumo è un fougere alla lavanda tra i migliori mai fatti. Una lavanda rivisitata, che non fa pensare ai classici sentori balsamici/erbosi, ma è una lavanda evoluta, cald, un po' polverosa.
E' una lavanda che si fonde con una calda nota di ambra ed una più talcata di fava tonka, tutte con uno sfondo polveroso e fiorito di iris. Il risultato è una lavanda calda, un po' cipriata, davvero inconsueta, insolita ma sorprendente.
Un profumo ottimo, da ogni punto di vista.
Questo profumo ha, purtroppo, il classico prezzo spropositato dei profumi di Serge Lutens (83 euro per 50ml di prodotto). Però, se devo proprio dirlo, vale tutti i suoi soldi. Ho provato molte fragranze di Lutens, e quello che mi ha sempre sorpreso è la durata lunghissima di questi profumi. Per ottenere il mio effetto (cioè di una scia abbastanza vistosa ma non fastidiosa) mi occorrono solo tre stantuffi di profumo. Quindi mi durerà per anni ed anni.
Vi consiglio di dargli una sniffatina, soprattutto se siete amanti della lavanda, che in questo profumo la troverete con una veste tutta nuova.

5.15.2012

Yayo

"He knows me every inch of my tar black soul"

"I'm your National Anthem, God, you're so handsome. Take me to the Hamptons, Bugatti Veyron"

"Everytime I close my eyes, it's like a Dark Paradise. No one compares to you, I'm scared that you won't be waiting on the other side"

"Carmen, Carmen, stayin' up 'till morning. Only seventeen but she walks the streets so mean. It's alarming, honestly, how disarming you can be, eating soft ice cream, Coney Island Queen"


"Kiss me hard before you go, Summertime Sadness. I just wanted you to know that baby, you're the best"

"There she was my new best friend, high heels in her hand, swayin' in the wind. While she starts to cry, mascara running down her little Bambi eyes -Lana how I hate those guys!-" 


"We were two kinds just tryin' to get out, lived on the dark side of the American Dream. We would dance all night, play our music loud. When we grew up, nothing was what it seemed"


"Don't cry, honey, crazy girl. Don't you know? You are the world. Everytime you feel unsure, try, remember what you are"


"Walk back to where we live in a motel, on Neptune Avenue"


"I need you like a baby when I hold you. Like a druggy, like I told you. Yayo, yeah you. Yayo"

Quanto è passato? Fate conto che ho iniziato i primi di febbraio, quindi due mesi e qualche settimana. Ci era bastato poco così, veramente poco, per farmi innamorare di lei. Poi la strada è andata fino al declino più totale. Non c'è niente da fare, sono un cuore tenero.
Eppure la sento ancora accanto a me, Carmen, che mi dice che ci rivedremo, magari in sogno, o mentre la immagino insieme ad Andy.
Tutto deve finire, tutto è destinato a finire, tutto finirà, e Carmen, e Gelsomino&Sigarette, è finito, è finita.
Carmen esiste solo perché io voglio che esista, Carmen è attaccata al muro, Carmen è sul mio desktop, Carmen è ovunque nella mia mente, e non mi abbandonerà mai. Ormai, di Carmen, ricordo soltanto una morbida scia di gelsomino, mentre si perde per le strade di una New York sempre viva, sempre accesa, accanto ad un uomo che sa di cioccolato e caramello. Carmen la immagino con i piedi nudi sulla sabbia, i capelli sciolti, un bikini a stelle e strisce, a Coney Island, a farsi guardare da tutti. La immagino tra le mille boccette di profumo di cui è circondata, la immagino tra le luci soffuse di una casa particolare. La immagino appena sveglia, con lo sguardo che scopre una parete piena di stelle. La immagino mentre accarezza un cane, mentre si accende una sigaretta, mentre fa un occhiolino a qualcuno che non conosce, mentre beve un Martini. Carmen ha cessato di esistere quando ho messo la parola "fine", eppure una persona in carne ed ossa ha il suo stesso aspetto, e molte persone, forse anch'io, un giorno, indossano la sua stessa fragranza. 
La sua compagnia, in questi due mesi abbondanti, mi è stata di grande aiuto. Carmen mi ha fatto compagnia, mi ha impegnato il tempo, mi ha fatto sognare.
Grazie.













5.10.2012

Alexander McQueen P/E 2012

Ed eccoci con un nuovo post "modaiolo" e qui, forse, mi farò influenzare dai sentimentalismi.
Oggi commentiamo la Primavera/Estate 2012 di Alexander McQueen.
Non ho mai amato la sostituzione di un maestro e la piega che un brand va a prendere dopo, perché soprattutto se i brand di cui stanno parlando fanno abiti di un certo tipo, si vede. Ho detestato la sostituzione di Thierry Mugler con l'attuale Nicola Formichetti (anche se egli è solo l'ultimo della lista, in realtà), ma non ho detestato la conduzione di Sarah Burton al timone del brand Alexander McQueen.
E' vero, la moda è cambiata. McQueen faceva abiti che nessuno si poteva immaginare di indossare, capi dall'alto livello artistico. Però, devo dire, che Sarah Burton ha saputo modificare lo stile di questo brand con gusto. La scorsa P/E, per Sarah Burton, è stata la prima collezione ufficiale dopo essere stata incaricata di dirigere il brand. Già all'epoca, Sarah Burton mi aveva entusiasmato parecchio, presentandoci una collezione ispirata alla terra, ai volatili (quindi tante piume di pavone e struzzo e compagnia danzante al seguito). Quest'anno, la P/E, si ispira alle meduse, al mondo acquatico, ed i colori predominanti sono i pastello, i metalli e il nero. Quindi troviamo tanti rosa cipria, tanto pizzo (anche tagliato al laser), tessuti leggeri ed impalpabili, qualche trasparenza, intarsi di perline e coralli. Per quanto riguarda le calzature, questa collezione ci presenta forse il migliore range di scarpe che Sarah Burton abbia mai fatto. Zeppe dalla pianta minima per rimanere in equilibrio, tante stringhe e tanti lacci, ma comunque scarpe molto pretty.
Bella collezione.














Prada P/E 2012

Ossequi, donzelli e donzelle! Oggi parliamo di moda.
Commentiamo insieme la Primavera/Estate 2012 di Prada.
Allora. Prada, per questi tempi di bel sole, ci ha proposto questa stagione il cui tema sarà: Motori.
Quando l'ho vista per la prima volta su Vogue,  ho pensato che fossero la grande rivelazione di questa stagione. Ed effettivamente la prima impressione è quella che conta.
 Fra tutte le creazioni proposte dai vari stilisti per la P/E di quest'anno, quelle di Prada mi sono parse le più originali e adatte. I pezzi principali sono indubbiamente gli accessori, sono i veri protagonisti di questa stagione. Avremo molta bigiotteria, molta plastica, fiori enormi al collo e sulle vite. Ed ancora più chiassose sono le scarpe, tutte fiammeggianti con dettagli a forma di faretto della macchina, dall'aria sportiva, magari ingentilite da qualche fiocco più particolare che il solito. Per quanto riguarda l'abbigliamento, troviamo un evidente omaggio alla moda degli anni Cinquanta, quindi gonne a ruota, giacconi leggeri, camicie inamidate tutti decorati con fiori di perline o motivi a fiamme. L'ho trovata una stagione molto divertente, carina. Però, se devo trovare una nota dolente, sono i pezzi per la grande distribuzione, che sono molto più "sportivi" e meno fancy rispetto ai pezzi da sfilata. Confrontandola ai precedenti lavori della maison delle varie P/E, devo dire che questa volta Prada stupisce. Più colori sgargianti e meno scuri, una moda più estiva, mentre la P/E, per quanto mi piacessero molto i pezzi da vista, non l'ho amata per i colori non particolarmente di stagione, ma quello è un discorso legato alle tendenze.






5.06.2012

Solo 2.0 di Marco Mengoni

Mi trovo a fare una recensione un po' difficile.
Facciamo una premessa: io odio i talent show.
Non è che io odi chi vada ai talent, perché alla fine possono esserci belle voci, ma odio chi mercifica
in modo così evidente il successo.
Molto spesso mi sono trovato, e mio trovo tutt'ora, a seguire i talent show, per occupare tempo o
semplicemente perché voglio ascoltare le suddette belle voci.
Molto spesso, però, ad una bella voce, si abbina anche una personalità insipida ed un carattere arrogante
ed indisponente, che risponde a certe critiche in modo saccente (vedi alla voce Marco Carta o Valerio Scanu).
Io odio i talent proprio per questo, perché la gente che ci entra pensa che sia già al palco dei Grammy Awards. Eh no, gioia. Tu non sei niente. Ficcatelo in testa, e magari mi piacerai.

Ma c'è stato un caso, uno soltanto, dove ad una non bella, ma magnifica voce, è stata abbinata una personalità fatta di contraddizioni, eclettica ma timida, riservata ma anche pazza. Ed io amo le contraddizioni.
Marco Mengoni è la contraddizione, lo si vede nei testi sempre confusionari delle sue canzoni, negli sguardi psicotici che lancia mentre canta, nel modo un po' impacciato con cui risponde nelle interviste.
Se ne sono dette tante su di lui, tante e forse troppe. Chi è Marco Mengoni?
Io, da buon e fedele fan di Lady Gaga, ormai sono abituato alle critiche ed ai commenti che sfiorano il  comico, ed è forse in questo che si basa la fama di un buon artista.
Effettivamente vedo molti parallelismi tra Lady Gaga e Marco Mengoni. Spogliati del loro aspetto e dei loro strati di trucco, vestiario eccetera, rimane soltanto una voce pazzesca.
Ma contano anche gli strati superficiali, l'apparire, il costruire e il "leggendizzare" che si vede solo se alla  bella voce, si associa (oltre alla bella personalità), anche un modo di porsi eccentrico e  "visibile". D'altronde, molto spesso, quello che indossiamo o che ci mettiamo in faccia, è soltanto la trasposizione di quello che abbiamo dentro. E nel loro caso è un caos senza eguali, che però affascina proprio per questo.
Molte volte ci siamo ritrovati a criticare certi artisti per quello che si diceva su di loro, a criticarli e a non giustificarli a priori, senza conoscere cosa ci fosse sotto quei maledetti strati di tutto.
Ma se per una volta ci documentassimo? Se per una volta iniziassimo a conoscere un artista da quando non
lo era? Magari potremmo costruirci un'opinione più completa sul suddetto artista.

Marco Mengoni è un grande. Anche se è uscito da un talent. Ha una voce fuori dal comune, voce che negli
uomini è difficile da trovare, voce che non ho mai sentito. E non ha solo una bella voce, ha anche un bel modo di porsi, fa un genere particolare che valorizza la sua voce, dove può esprimere davvero la sua personalità da psicolabile. E' più di un semplice cantante: è un interprete. E' appassionante, è bello vederlo mentre canta, recita le sue canzoni, le rende vive ed è forse questo il suo grande pregio.

Questo album, a parer mio, è la conferma che Marco Mengoni sarà forse uno dei pochi (addirittura azzardo l'ultimo) che avrà successo e che piacerà sempre perché cercherà di reinventarsi ad ogni album, sempre però tenendo il suo tono drammatico/teatrale che tanto amiamo di lui.
Questo album l'ho trovato perverso, contorto, malato, oscuro eppure (passatemi il termine) fottutamente  geniale.
Avete presente quegli album che vi fanno capire il valore di un vero artista? Di solito sono sempre i terzi album (Pensiamo a True Blue di Madonna o Bad di Michael Jackson, e perché no, a Born This Way di Lady Gaga).
Questo è il terzo album di Marco Mengoni, ed è magnifico.
Analizzando l'album, ci accorgiamo (ce lo suggerisce anche il titolo) che il concetto che lega i vari brani è la solitudine. Solitudine di cui è pregna anche nell'artwork e nel photoshoot, che definirei claustrofobico, magico, oscuro quanto l'album, misterioso. Questo album fa parte, inoltre, di un progetto più esteso, che si chiama Solo. Solo è la graphic novel multimediale/interattiva che è stata scritta inizialmente (l'episodio 0) per la Mad Box, mentre in questo album, tramite un codice all'interno del booklet, possiamo trovare l'episodio 1. A parer mio, vedere questa graphic novel dai toni sorprendentemente onirici e surreali, si riesce a capire un po' di più l'album e Marco stesso, con le sue molteplici personalità, che vengono mostrate all'interno del fumetto e di cui abbiamo un assaggio nel booklet.

L'album inizia con SOLO (VUELTA AL RUEDO), che è un ottimo inizio. L'inizio è claustrofobico e malinconico,  che poi scoppia in una canzone prepotente, tagliente, che riempie le orecchie con la sua melodia direi  arrogante, pomposa, evidentemente rock ma grande, davvero grande. Bellissima, una delle mie preferite.
Poi andiamo verso UN GIOCO SPORCO, che inizia con una melodia carina, una di quelle tipiche melodie da jingle pubblicitario degli anni 70, per poi evolversi in uno stile e musicalità che ricorda molto quella
dei Muse. Un bel pezzo, ben costruito, originale con queste introduzioni.
TANTO IL RESTO CAMBIA è la prima ballad che incontriamo, e tanto di cappello. Qui il tema della solitudine si palesa più che in altre tracce, in modo più delicato e sofferto. Ha una melodia di sottofondo che fa venire i brividi, e Marco ha una voce incantevole in questo brano (come se negli altri facesse schifo), però
in questo brano tira fuori davvero tanto.
SEARCHING è il primo brano in inglese. E' un pezzo carino, molto radiofonico, sicuramente ideato e progettato per il mercato internazionale (ricordiamoci il Best European Act che Marco ha vinto agli MTV Europe Music Awards, esso gli ha conferito molta notorietà anche fuori dall'Italia). A parer mio, però, è solo un pezzo carino, niente di eccezionale, ma comunque non ci schifiamo ad ascoltarlo.
Ed ora passiamo alla vera bomba di questo album, che stranamente si chiama URANIO 22 (parallelismi puramente casuali, si intenda). Avete presente quel classico brano che parla della guerra? Aggiungeteci tante risatine sarcastiche da dittatore sanguinario, aggiungeteci una melodia assurdamente ballabile, aggiungeteci un pizzico (magari anche due, volendo tre) della più pungente satira. Questo è un brano magnifico, che colpisce per  le parole taglienti ma anche per il piglio non "classico" (mi ricorda, in un certo senso, i temi che Lady Gaga affronta nelle sue canzoni, che sono temi di una certa rilevanza sociale, ma che vengono cantati in canzoni che fanno muovere il culo in modo furioso). Uranio 22 è tecnicamente perfetta, ed è perversamente brillante.
COME TI SENTI è divertente e smorza molto i toni fino ad ora cupi dell'album. Alla magnifica voce di Mengoni, aggiungeteci un pizzico di AAA Cercasi di Carmen Consoli ed ecco che troviamo un pezzo disimpegnato su quello che è stato il bombardamento mediatico e il perverso inseguimento della notizia che ha avvolto per parecchio tempo la figura di Mengoni (voci circa la sua presunta omosessualità o il suo stile eccentrico).
L'EQUILIBRISTA ha melodie più soft ed elettroniche, che un po' ricordano un incrocio tra una bella ballad
RnB, di quelle alla Mariah Carey, e Something About Us dei Daft Punk. Una bella canzone, tranquilla
dopo molto "caos". Ci vuole.
MANGIALANIMA è forse il pezzo più diverso, meno dark e più pop rock. Carino, ma solo carino.
UN FINALE DIVERSO è un pezzo già più carino di Mangialanima, anche se l'impronta è sempre quella. Più dinamico e movimentato, davvero carino.
TONIGHT è la seconda canzone in inglese. Ballatona strappalacrime con tanto di sviolinate e pianoforte che fa venire la depressione. Un classico, ma sempre d'effetto.
DALL'INFERNO è il singolo in attuale rotazione nelle radio. E con questa canzone finiamo il trittico delle mie canzoni preferite di Solo 2.0. Dall'Inferno è spietatamente oscura, ancora più perversa per le immagini
a dir poco suggestive che regala. E' anche in un certo senso "incazzata", cantata alla "psicopatica". Bellissima.
E l'album finisce con SOLO (BOLERO), rivisitazione di Solo (Vuelta Al Ruedo) strumentale/bolero, appunto.
Suggestiva ed appassionante. Ma l'album non finisce qui. Infatti abbiamo una ghost track. E questo è il degno finale di questo album: fortemente elettronico, fortemente claustrofobico, fortemente cupo.

Album straordinario. Ve lo consiglio assolutamente.