6.06.2012

Yayo. Yeah, you. Yayo.

Ho già fatto un post con un nome simile, in una circostanza simile, infilandoci un sacco di citazioni senza capo nè coda. Sarà che, da quando ho iniziato ad ascoltare Lana Del Rey, quel dicembre che mi sembra di tanto tempo fa, non ho più smesso, ed ha condizionato ciò che scrivo.
Ad oggi saranno diciassette o diciotto settimane che parlo, scrivo e penso di Carmen in heavy rotation. Non l'ho mai abbandonata, anche se avevo abbandonato la voglia di scrivere, per una settimana o due. Mi ha ossessionato, mi ha quasi fatto diventare matto, ma è stato interessante, particolare, un'esperienza che ha del ridicolo, ma anche del divertente.


Avevo finito di parlare di Carmen (almeno, per una prima volta) più o meno due settimane fa, forse tre. Ed è stato imbarazzante l'averlo fatto leggere a due persone. Era così inesatto, ai tempi (come se fossero lontane, due settimane), era così sbagliato il modo in cui avevo strutturato la storia, così sdolcinato e melenso, e non mi ero immaginato che sarebbe diventato così sdolcinato e così melenso, ma tant'è.
Poi, qualche settimana fa, ho iniziato con un capitolo su Coney Island, poi un altro. Ho anche intitolato la cartella contenente questi file "Frammenti.Ossessioni.Revisioni" o una cosa del genere, come a voler sottolineare, a volermi far capire che sono stato troppo affrettato, e avrei dovuto includere i seguenti frammenti nel racconto, che avrei dovuto rafforzarlo, sporcarlo un po'. Sarebbe stato un po' immorale, effettivamente, scrivere prima il De Profundis e poi di una lap dance in uno strip bar, ma non mi è interessato. E questa seconda stesura, questa seconda revisione, è stata sicuramente più dolorosa, ma anche più divertente della prima. Dolorosa perché mi ha sputato in faccia tutti gli errori grammaticali/temporali che ho commesso, perché mi ha presentato tutta l'illogicità di una storia che di base aveva un argomento neanche malaccio. Divertente perché la mia mente psicotica/bastarda/insana ha trovato da gioire nello scrivere cose insane. 


E adesso, alle nove e cinquantasette a-emme del giorno sei giugno dell'addì duemiladodici, nell'aula multimediale della scuola, mi trovo, di nuovo, a parlare di Carmen. Forse sarà l'ultima volta, forse sarà la prima volta su un'ottica diversa, a lavoro finito, senza che debba rimarcare altri modi di fare o situazioni. Non assillerò più i miei amici, I promise (yeah, sure).
Forse sono stato un po' affrettato nel pronunciare questo giuramento, ma mi piacerebbe moltissimo rispettarlo.


Sarò ripetitivo, ma lo devo. Senza qualcuno di fondamentale, non avrei mai avuto lo spunto per iniziare questa pseudo storia dalla dubbia utilità ricreativa/morale. Innanzitutto ringrazio una persona, un uomo. E mi fermo qui.
E poi ringrazio lei, e chiudo così, mentre anche lei, come me, parla di Carmen.

"Carmen, Carmen, stayin' up 'til morning. 
Only seventeen but she walks the streets so mean. 
It's alarming, truly, how disarming you can be
Eatin' soft ice cream, Coney Island Queen. 
She says you don't wanna be like me, 
lookin' for fun, get me higher for free. 
I'm dying, I'm dying. 
She sahys you don't wanna get this way, 
street walkin night and a star by day. 
It's tiring, tiring. 

The boys, the girls, they all like Carmen.
She gives 'em butterflies, bats her cartoon eyes.
She laughs like God, her mind's like a diamond.
Audiotune lies, she's still shining.
Like lightning, white lightning"

Nessun commento:

Posta un commento